Le cattedrali
«Il Medioevo è l'unica epoca di 'sottosviluppo'
che ci ha lasciato le cattedrali»
(Régine Pernoud)
Fra le testimonianze architettoniche che meglio simboleggiano il Medioevo - e che senz'altro sono più visibili e sotto gli occhi di tutti - si annoverano le cattedrali. Queste opere rappresentano il luogo ideale di incontro e fusione delle arti maggiori quali l'architettura, la scultura e la pittura, ma anche delle arti minori, quali, per esempio, la lavorazione del vetro. Da questa prima considerazione possiamo intuire il carattere sintetico della cattedrale, sia romanica che gotica, che può essere considerata una "summa" nella quale ogni dettaglio richiama il tutto e il tutto richiama il dettaglio. In sostanza essa sintetizza in modo mirabile la concezione della vita e dell'uomo che hanno gli uomini del Medioevo e quindi ogni particolare ha a che fare con il Significato della realtà cioè Dio.
Ciò avviene attraverso un complesso linguaggio di simboli che facevano parte della cultura medievale ma che sono ormai estranei alla nostra. Citando lo storico Le Goff, si può dire che «ogni oggetto materiale era considerato come la figurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e che dichiarava così il suo simbolo». Il simbolismo medievale si basava sulla profonda convinzione che il Signore abbia «disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso», come si legge nel libro della Sapienza. Prosegue poi Le Goff dicendo che la natura era la principale fonte di simboli: pietre, fiori e animali rappresentavano le virtù e le caratteristiche dell'uomo. Si riteneva che le pietre gialle o verdi guarissero le malattie del fegato e quelle rosse le emorragie. La mela rappresentava il male. La Vergine era simboleggiata sia dalla rosa bianca, che indicava la verginità, ma anche dalla rosa rossa, che indicava la sua carità. Il mondo animale rappresentava l'universo del male, ad esempio il caprone simboleggiava la lussuria mentre il leone era ambiguo poiché poteva rappresentare sia la forza e la purezza che la violenza e l'ipocrisia. Il simbolismo medievale si ritrova anche nell'architettura delle cattedrali, la cui pianta può essere, ad esempio, rotonda e simboleggiare i quattro punti cardinali e quindi l'universo.
Il simbolismo principale è tuttavia quello dei numeri che servivano a dare un senso di proporzione e armonia. Il numero sette e i suo multipli sono un segno di pienezza e perfezione ed, infatti, rappresentano i giorni della creazione e le sette chiese dell'Apocalisse. Il tre simboleggiava la Trinità cristiana. Il quattro rievocava i punti cardinali ed era generalmente intrecciato con il numero dieci, infatti il quaranta rappresenta il numero dei giorni della tentazione di Gesù. Era molto importante anche il numero dodici, ottenuto dal prodotto fra il quattro e il tre. Il sei, invece, era il numero imperfetto per eccellenza e, se ripetuto tre volte, era il numero di Satana. Anche le parole venivano lette e interpretate in base alla corrispondenza fra le lettere e i numeri, secondo un metodo detto gematria.
Allo stesso modo anche le cattedrali medievali erano costruite basandosi su simbolismi che rispecchiavano la concezione religiosa e antropologica del tempo. I due stili principali erano il Gotico e il Romanico. Non si può pensare che il passaggio da uno stile all'altro sia stato netto ma non si può neanche negare l'esistenza di un cambiamento evidente fra i due.
Il Romanico si diffuse nell' XI e XII secolo. Era uno stile chiaro e razionale e le costruzioni erano tozze e robuste per dare il senso della massa e del volume. L'unica fonte di luce presente proveniva dal rosone frontale che era sempre progettato in modo da illuminare l'altare. Altri elementi caratteristici di questo stile erano le volte a botte e le navate, scandite da colonne e pilastri cruciformi. Tutti gli elementi erano disposti in modo da accompagnare lo sguardo del fedele verso l'abside, dove era situato l'altare.
Il Gotico invece rappresentava il tentativo dell'uomo di toccare il cielo per congiungersi a Dio. Fu un fenomeno di portata europea che interessò tutti i settori della produzione artistica, in particolare le arti minori, e si diffuse intorno alla metà del XII secolo. Con il Gotico scomparve il senso di massa e volume del Romanico per dare spazio a grandi vetrate che permettevano alla luce di inondare la cattedrale.
Il Romanico si diffuse in secoli caratterizzati da epidemie, carestie e invasioni e quindi sottolineava come la sofferenza nella vita terrena fosse resa significativa dalla Salvezza operata da Cristo e meritevole della vita eterna, che era la vera aspirazione dell'uomo. Il Gotico invece si sviluppò dopo la crisi, in un periodo in cui il benessere era più diffuso e si iniziò ad avere una maggiore fiducia nelle capacità dell'uomo. La riflessione artistica sui temi della morte e di Dio, tipica del Romanico, fu rimpiazzata da una nuova riflessione sull'uomo e sulla natura e da una rivalutazione del rapporto fra uomo e Dio. L'uomo è quasi nulla, ma in lui Dio stesso ha posto la ragione come capacità di avvicinarsi alle cose altissime ragionando per analogia. Dunque si stava diffondendo un comune sentire per cui l'uomo era più presente nella sua vita e nel suo tempo e provava orgoglio per le sue creazioni e per la sua capacità di saper modellare lo spazio. In questo contesto le cattedrali si ergevano come inni all'intelligenza umana. Una funzione del Gotico era quella di riportare l'uomo a guardare verso l'alto quando le sofferenze rischiavano di distrarlo.
La luce divenne allora un elemento caratteristico dell'architettura perché era una metafora per indicare Dio come somma verità. Essa rappresentava anche la positività in contrasto con il buio che evocava la negatività. Questi simbolismi erano semplici e rappresentavano un punto di incontro tra la cultura popolare e gli studi dei teologi. Assunsero un altro significato anche l'oro e le pietre preziose che riflettevano la luce intensificandola; per questo divennero più importanti le arti minori che si occupavano della lavorazione di materiali pregiati. La luce era ritenuta superiore a tutti gli altri elementi naturali perché era la meno materiale ed era considerata principio e ordine di tutto, proseguendo una tradizione filosofica di cui facevano parte Platone, Dionigi l'Aeropagita e Agostino.
L'architettura gotica si spingeva verso la luce dell'universo e la luce assumeva un significato ben preciso. Questo significato è spiegato nei primi sette paragrafi dell'opera Riconduzione delle arti alla teologia di San Bonaventura, scritta intorno al 1255 e al 1257. In questo opuscolo le conoscenze umane sono presentate come vere e proprie "luci" che derivano da Dio, la fonte di luce principale. Le luci principali sono quattro: l'arte meccanica, la conoscenza sensibile, la conoscenza filosofica e la Sacra Scrittura. La luce dell'arte meccanica è definita "esterna" perché illumina le forme prodotte dall'uomo che sono esterne all'uomo stesso e sono state prodotte per supplire ai suoi limiti. Questa luce è a sua volta divisa in altre sette luci, in base alle sette arti meccaniche descritte da Ugo di San Vittore nel Didascalicon. La luce della conoscenza sensibile è detta inferiore perché ci permette di conoscere la natura con l'aiuto della luce corporea, divisa in cinque parti corrispondenti ai cinque sensi. La luce della conoscenza filosofica è chiamata luce interiore perché si serve dei principi delle scienze e della verità naturale insiti nell'uomo per natura per ricercare le cause interiori e nascoste. Questa luce si divide a sua volta in tre parti (razionale, naturale, morale) che corrispondono alle tre verità (dei discorsi, delle cose e dei comportamenti). La filosofia del discorso si divide in grammatica, logica e retorica. La prima serve ad esprimere, la seconda ad insegnare, la terza a muovere gli animi. La filosofia naturale, invece, si divide in fisica, matematica e metafisica. La fisica studia la formazione delle cose e le loro deformazioni, la matematica si basa sull'astrazione a partire dall'osservazione e la metafisica studia la conoscenza di tutti gli enti formatisi da Dio che è il loro principio primo, il loro modello e il loro fine. L'ultima luce è la luce della Sacra Scrittura, che è definita superiore perché ci viene rivelata da Dio e conduce alla conoscenza delle verità che oltrepassano la ragione. Questa luce è divisibile in altre quattro luci in relazione ai sensi in base ai quali si può interpretare la Sacra Scrittura (letterale, allegorico, morale e anagogico). Le quattro luci avranno una fine perché "ogni scienza sarà distrutta" [1 Cor 13, 8]. Come tutte le luci hanno origine da una sola luce, così tutte le conoscenze sono ordinate alla conoscenza della Sacra Scrittura e in essa sono contenute, in essa trovano il loro compimento e mediante essa si ordinano all'eterna illuminazione, cioè Dio.
Lo stesso Ugo di San Vittore nella sua opera De tribus diebus sostiene che le creature rimandano al Creatore mediante la loro bellezza che si può osservare nella posizione, nel movimento, nell'aspetto e nella qualità e che in essi si cela la luce della sapienza divina. La posizione si può osservare per quanto riguarda la composizione e l'ordine e si può ammirare la proporzione e l'armonia del creato nel quale anche gli opposti, come il fuoco e l'acqua, coesistono; infatti, tutte le singole cose create difendono con grande sforzo la propria natura e il proprio essere, e nello stesso tempo tutte le cose non possono assolutamente essere disgiunte dalla concorde associazione che le unisce.
Il Gotico rappresentava, in alternativa al Romanico, il desiderio di 'liberarsi' del mondo materiale per entrare in un mondo puramente spirituale illuminato dalla luce che, penetrando dalle enormi vetrate, si tingeva di mille colori.
Per erigere edifici sempre più maestosi e smisuratamente alti fu necessario rivoluzionare anche le tecniche di costruzione e di scarico dei pesi: il Romanico si basava sull'equilibrio statico delle cattedrali, mentre il Gotico si basava su un complesso sistema di spinte e quindi sull'equilibrio dinamico.
Gli elementi caratteristici principali del Gotico erano l'arco a sesto acuto, l'arco rampante, la volta a ogiva e la volta a crociera costolonata. Quest'ultima rappresentava il modulo in base al quale veniva edificata la cattedrale secondo un insieme di regole di proporzione: la disposizione della Chiesa rappresentava la forma del corpo di Cristo in croce, in particolare il luogo dove si trova l'altare ne ricorda la testa e le navate il resto del corpo. L'utilizzo del modulo nelle varie forme dell'arte medievale è molto significativo della concezione dell'uomo del tempo: egli infatti voleva ritrovare la perfezione e la geometria del mondo ultraterreno nel mondo terreno.
Anche in letteratura si trovano esempi illustri di tale tecnica: la Divina Commedia è composta sul modulo base della terzina. La fede nell'ordine universale, che si sovrappone alla molteplicità del reale, si riflette nella struttura geometrica dell'espressione artistica e architettonica del tempo.
L'arco a sesto acuto produceva una spinta orizzontale minore rispetto a quella prodotta dall'arco a tutto sesto usato precedentemente; l'arco rampante e i contrafforti servivano a diminuire il peso sostenuto dalle pareti, che potevano essere traforate da grandi vetrate, e a verticalizzare le spinte provenienti dal soffitto.
Anche gli elementi strutturali erano simboli ben chiari ai fedeli: le vetrate esprimevano l'ospitalità e la misericordia. Esse erano una delle caratteristiche peculiari del Gotico ed avevano il grande pregio di filtrare la luce, dando a essa però effetti diversi a seconda della stagione e della giornata. Con il tempo le vetrate si ampliarono sempre di più e assunsero il ruolo di separare il mondo sacro da quello profano; nel Romanico invece tale compito spettava alle pareti.
La tecnica della lavorazione del vetro era molto raffinata, ma ancora più sofisticate erano le abilità che servivano a colorare il vetro. A volte le gradazioni erano ottenute attraverso la sovrapposizione di più lastre di colore e spessore diversi per ottenere un effetto simile alle pietre preziose. Le vetrate erano spesso decorate con scene sacre, probabilmente basate su dei modelli comuni come suggerisce il fatto che sono state trovate raffigurazioni simili in chiese molto distanti fra loro. Potevano esserci anche più di trenta episodi nella stessa vetrata, che dovevano essere letti secondo un ordine preciso ma che poteva variare da una all'altra. Oltre alle raffigurazioni di personaggi sacri, erano presenti anche immagini di categorie professionali e dei committenti come i re, i principi e i vescovi. Nel XIII secolo si moltiplicò anche la rappresentazione di artigiani e commercianti, segno dell'importanza economica che questi ceti avevano acquisito. Le immagini sulle vetrate illuminate dalla luce divennero il simbolo della parola divina e portarono i fedeli a porsi delle domande. L'educazione dei fedeli non era la loro unica funzione; esse potevano servire a celebrare i committenti o personaggi importanti come re o papi o, ancora, a guidare i pellegrini verso le reliquie o per il clero.
Altri simboli erano le quattro mura laterali che rappresentavano le quattro virtù della religione, ovvero giustizia, forza, prudenza e temperanza. Anche le pietre, che erano congiunte insieme per formare le mura, rappresentavano i fedeli che costituivano la comunità. Tutta la comunità contribuiva, infatti, alla costruzione dell'edificio sia dal punto di vista della manodopera che dal punto di vista economico. Per esempio, nel caso del cantiere del Duomo di Milano, la maggior parte dei fondi provenivano dalle donazioni dei cittadini e non dalla nobile famiglia dei Visconti, che aveva commissionato l'opera. Il cantiere del Duomo di Milano era considerato dai cittadini un'opera comune ed ognuno si sentiva in dovere, spinto da un senso di gratitudine, di dare un contributo a seconda delle proprie capacità. Questa concezione nasce da un ideale che dà senso alla vita comune ma che valorizza il singolo senza sminuire la personalità di ognuno: chi contribuiva alla costruzione del Duomo lo faceva perché, edificando il Duomo, edificava anche se stesso.
A quel tempo era inconcepibile una vita senza rapporto tra opere e luoghi che rispecchiasse quell'ideale sentito e vissuto come origine e scopo di ogni relazione, gesto e sacrificio. Anche in questo caso possiamo notare la presenza di simbolismi: i 52 piloni, che accompagnano il cammino dall'entrata dell'edificio a croce latina (con 5 navate sino all'abside poligonale, preceduto da un transetto a tre navate), rappresentano le settimane dell'anno e questo numero suggerisce che tutto il tempo è una strada verso l'eterno. Le tre grandi vetrate absidali, inoltre, sono decorate con storie dell'Apocalisse e dell'Antico e del Nuovo Testamento perché Cristo dà senso al tempo, e scandisce lo scorrere del passato, del presente e del futuro.
Un altro esempio significativo per capire come la comunità si sentisse partecipe nella realizzazione della cattedrale è il seguente aneddoto.
Durante il Medioevo, un
pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario, come si usava
a quei tempi. Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una
stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e
bruciata dal sole. Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di
pietra. Qua e là gli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti
di roccia per ricavare degli squadrati blocchi di pietra da costruzione. Il
pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo guardò con compassione.
Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere
di pietra si leggeva una fatica terribile. Il suo braccio sembrava una cosa
unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere
ritmicamente. "Che cosa fai?", chiese il pellegrino. "Non lo vedi?" rispose
l'uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo. "Mi sto ammazzando di
fatica". S'imbattè presto in un secondo spaccapietre. Era altrettanto stanco,
ferito, impolverato. "Che cosa fai?", chiese anche a lui, il pellegrino. "Non lo vedi? Lavoro da
mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini", rispose l'uomo. In
silenzio, il pellegrino riprese a camminare. Giunse quasi in cima alla collina.
Là c'era un terzo spaccapietre. Era mortalmente affaticato, come gli altri.
Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti
dalle schegge di pietra avevano una strana serenità. "Che cosa fai?", chiese il
pellegrino. "Non lo vedi?", rispose l'uomo, sorridendo con fierezza. "Sto
costruendo una cattedrale". E con il braccio indicò la valle dove si stava
innalzando una grande costruzione, ricca di colonne, di archi e di ardite
guglie di pietra grigia, puntate verso il cielo." Possiamo notare come il primo
spaccapietre che vede nel suo lavoro solo la fatica e niente altro è descritto
come "irriconoscibile" ed è sgarbato. Questo perché egli non ha un ideale più
alto e non vede la bellezza della sua opera ma solo la fatica che gli provoca e
per questo ha perso i tratti umani ed è, perciò, irriconoscibile. Il secondo
spaccapietre non è descritto negativamente come il primo ma neanche
positivamente perché vede il suo lavoro come un modo per mantenere la sua
famiglia e quindi vede solo il fine più immediato delle sue azioni. Il terzo
spaccapietre, invece, riesce a sorridere nonostante sia stanco come gli altri
perché ha la visione della sua opera, cioè vede il suo fine ultimo e la sua
realizzazione, e crede in essa.
Il parallelismo fra le tecniche costruttive adottate e le nuove concezioni teologiche e filosofiche che si stavano diffondendo potrebbe essere spiegato dal fatto che architetti e filosofi si formavano nelle stesse scuole e condividevano una cultura comune.